Ieri sera ho approfittato di una proiezione speciale del film Wonder presso l’UCI CINEMA vicino a casa e sono andata a vederlo insieme a mia figlia. Quando era uscito mi ero ripromessa che ce l’avrei portata, anche prima di leggere il libro, perché volevo che il messaggio ispirato a questa storia arrivasse forte e chiaro anche a lei che a 12 anni si affaccia al mondo per la prima volta da sola.

wonder

Pensavo che sarebbe stato difficile per lei vedere e vivere la sofferenza morale che questo ragazzino di appena 11 anni (quindi quasi suo coetaneo) deve affrontare giorno dopo giorno in una scuola media piena di ragazzini “normali”. Protetto dal suo casco di astronauta e dall’amore della sua famiglia, per la prima volta Auggie si affaccia al mondo esterno senza difese, incapace di aspettarsi cosa gli accadrà. La speranza che vada tutto per il meglio, il duro impatto con la realtà dei ragazzi che volendo sanno essere crudeli e senza scrupoli, la sofferenza e la difficoltà sua e delle persone che lo circondano, la voglia di abbandonare tutto e rituffarsi nella sicurezza della sua camera e del suo casco. E infine, la meraviglia di scoprire che al mondo non ci sono solo persone meschine e superficiali; non ci sono solo persone che ti giudicano per il tuo aspetto; ma che esistono anche persone che vogliono conoscerti per quello che sei, per quello che sai (Auggie è un genio della scienza) e preferiscono andare contro corrente piuttosto che sottostare alla regola muta della società conformata all’idea che il bello è accettato e il brutto va nascosto o addirittura eliminato.

La scena che più mi ha fatto riflettere è stata la convocazione nell’ufficio del preside di un ragazzino (il classico bulletto) che accompagnato dai genitori viene sospeso per avere inviato a Auggie una serie di biglietti e disegni offensivi, per non dire inquietanti. La peggiore, è la foto di classe dove Auggie viene cancellato con photoshop e gli viene “consigliato” di morire. Agghiacciante è la reazione dei genitori che invece di punire il figlio decidono di ritirarlo da scuola minacciando il preside di chissà quale rappresaglia. Ecco, genitori così esistono veramente: ora è spiegato il mio orrore nell’assistere ad una scena che può essersi consumata un sacco di volte in qualche scuola in giro per l’Italia o del mondo. Genitori che insegnano ai figli solo il valore di ciò che è materiale, tralasciando e nascondendo tutto quello che riguarda l’emozione e il sentimento; convinti che l’unico modo per proteggere i figli dal mondo sia crearne uno a loro immagine e somiglianza.

Ho profondamente adorato la mamma di Auggie, l’immensa Julia Roberts; una donna forte, fiera e piena di talento che decide di riprendere in mano la sua vita accademica una volta capito che il figlio può finalmente vivere nel mondo con le proprie forze e la forza dei nuovi amici che ha incontrato e che gli staranno accanto.

Il professor Brown è lo stereotipo dell’insegnante giusto, attento, intelligente, sensibile e senza preconcetti; le sue lezioni iniziano sempre con una massima del mese. La più bella che mi è rimasta in mente è la prima, dell’inizio della scuola: “Se sei indeciso se essere una persona giusta o una persona gentile, sii una persona gentile”

Io ho pianto parecchio, mia figlia molto meno rispetto a quanto mi aspettassi; quello che mi ha sorpresa è stata la sua risposta alla mia domanda “Hai capito il significato del film?”. Lei mi ha risposto: “Mamma sinceramente non capisco quale sia il problema se un bambino ha una faccia un po’ diversa dalle altre, che bisogno c’è di fissarlo o prenderlo in giro? Che senso ha farlo stare male se quello che gli è successo non è stata colpa sua ma gli è successo alla nascita? A me non verrebbe mai in mente di prendere in giro qualcuno solo perché ha una faccia “diversa” o qualcosa di “strano”. Anche Jenny è diversa da noi ma io le voglio bene comunque!” (Jenny è una compagna di classe di mia figlia, affetta da autismo grave e fortemente disabile. E’ in classe con lei da quando ci siamo trasferite qui, 5 anni fa, e le vuole bene come se fosse sua sorella!) Ecco, forse proprio il suo rapporto con questa sua compagna di classe le ha permesso di leggere il messaggio del film in modo meno doloroso rispetto a come l’ho sentito io che mi sono immedesimata nel suo dolore e nella preoccupazione della mamma per il suo futuro.

In questo caso posso dare grande merito alla scuola per aver insegnato a Giulia a pensare in modo aperto e sensibile. 🙂

E voi, lo avete visto? O avete letto il libro? Probabilmente acquisterò anche il libro, poi vi dirò 😉

A presto,

V.

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